top of page

Colui dell'Inizio

  • Matteo Gatti
  • 21 nov 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Il primo dovere di un maestro non è quello di insegnare all'allievo, bensì quello di trasmettere lui qualcosa. Un maestro non deve essere necessariamente colui che affianca i propri allievi e li sprona a migliorare costantemente, affinché, come da tradizione, questi non arrivino a superarlo. Tutto ciò che deve fare un maestro è essere se stesso, dando consigli ma mantenendo, al contempo, un certo distacco nei confronti di chi a lui si ispira.


Non mi ricordo con esattezza quanti anni avessi, su per giù circa una decina, o forse meno, credo, quando lessi uno dei miei primi, veri libri. Uno di quelli senza figure e privo d'indicazione per l'età. Ricordo bene che quando lo finii andai da mia madre e mio padre a dir loro di quell'insolito evento appena capitato, perché io, un tempo, come un po' ancor'oggi, non ero un grande lettore. Per me significò molto quel primo libro, forse per sentirmi un po' parte della vita adulta che sarebbe entro un pugno di anni giunta ma che ancora era sufficientemente lontana per starmene tranquillo e immerso nei miei insignificanti (o quasi) pensieri da bambino. Ebbene, quel primo, vero libro che lessi era chiamato “Il Richiamo della Foresta” ed era stato scritto da un certo Jack London, un secolo prima. Al tempo non sapevo minimamente chi fosse e tantomeno m'importava di ricordarmi un nome come quello, uno qualsiasi tra gli svariati miliardi presenti al mondo.

“Jack London!”, “Jack London...”, “Jack... London...” Sì, l'ho ripetuto un numero infinitesimale di volte questo nome, con toni diversi, forse più volte di quanto io stesso ora stia pensando. E chi l'avrebbe mai immaginato al tempo? La piccolezza e semplicità di un bambino non avrebbe mai potuto calcolare né prevedere quello che sarebbe accaduto, e badate, so dell'esistenza di bambini prodigio, fenomeni già ancor prima di nascere, ma io, agli inizi della mia vita, ero tutto fuorché quello. Poi con il tempo le persone cambiano, crescono e perché no, giungono a un certo punto in cui si ritrovano davanti a un primo, importante, vero bivio, un po' come le prime pagine di quel primo, vero libro. E forse non importa molto come e quando vengono alla maturazione adatta, ma state certi che, prima o poi, questa arriva.

Quando giunsi a maturità capii che il mio bivio vero non era ancora arrivato e che tutti gli innumerevoli a me capitati in precedenza erano solo quelli meno adatti a resistere, e che facilmente si spezzavano. M'accorsi anche che la strada, la mia strada, era più verde di quanto pensassi, una volta intrapresa. E se tu, lettore, ti stai chiedendo quando questo è avvenuto, io, da corretto “scrittore”, devo per forza risponderti: due anni e mezzo fa. Potrei dare enfasi a queste parole e alla situazione dicendo che questo è nato grazie a Jack London, ma se così facessi mentirei e basta. E poi dare troppa enfasi non fa per me. Assolutamente.

Per una serie di strane coincidenze divenii una di quelle figure che vivono nell'ombra per gran parte del tempo, e che mai avrei pensato di poter diventare (e che per sempre potrebbe restare nell'ombra). Ma questo l'ho detto già fin troppe volte e non voglio eccedere in ridondanze.

Sì, bene o male sono giunto sin qui oggi senza un vero e proprio motivo, è solo che è successo e basta, una tiepida sera di primavera, metà Maggio, all'incirca. E Jack London con quella sera non c'entra affatto. Fino a quel tempo m'ero strettamente limitato, nella mia vita, a leggere solo quello che la scuola mi imponeva, ad acculturarmi solo di quello che la scuola mi imponeva e a far mie cose che solo la scuola mi imponeva e delle quali non ne avrei poi fatto un bel niente. Eppure, quando poi iniziai, per una certa, strana e immensa ragione, non dovetti cercare affannosamente una figura alla quale ispirarmi, perché tale, senza volerlo, era già lì. Era lì ad aspettarmi. Jack London, del quale avevo letto solo quel libro (e forse Zanna Bianca, ma non ne sono così certo, nonostante sappia la storia a memoria), era l'unico, in un angolo remoto della mia testa, ad aspettarmi. O forse ero più io a rincorrerlo. Presi lui per intero: opere e ideali, e li feci miei, in gran parte. Il concetto di natura, indipendenza, lo stile narrativo particolare e quella sorta di sfacciataggine legata al suo alter ego “bizzarro”, figlio di mille e una esperienze fatte nel corso della sua, breve, esistenza. Arraffai tutto. Così lessi alcune sue opere, come il Vagabondo delle Stelle, al quale mi ispiro in particolar modo, il Tallone di Ferro, Martin Eden (che ancora devo finire) e così via. E da lì, quella scintilla che tanto aspettavo, mi si scaricò addosso e diede vita all'idea che fece venir alla luce “C'era una volta la tua vita”, circa un annetto fa. A oggi devo molto, moltissimo a Jack London. Devo lui cose che non potete capire e che solo uno scrittore, che detesta farsi chiamare così, e che ancor più odia affiancare il proprio nome a quello della storia che ha creato, può capire. Io non sono uno scrittore. E anche se lo fossi non mi piacerebbe farmi chiamare così, né tantomeno romanziere. Perché Jack London era uno scrittore, di quelli con la S maiuscola, almeno per me. Io no.

Quando sento la gente non conoscere il suo nome spesso mi sorprendo, ma altre volte sono felice. Perché non sanno assolutamente cosa si stiano perdendo nel non aver mai letto quel che lui scrisse, ma, al contempo, spero diano lui una possibilità.

Jack London è per me un maestro. Una figura alla quale mi ispiro e alla quale, nei limiti, aspiro a diventare. A lui devo molto, come già detto. Devo (almeno) gran parte di un libro, e di certo dovrò anche tutti gli altri che andrò a scrivere. Di Dante, Manzoni, Petrarca e Boccaccio, di Shakespeare, Dickens, Poe e Orwell e di altri e altri “maestri” del passato purtroppo non so che farmene (tuttavia la stima è immensa). La mia religione letteraria è orientata verso Jack London, per primo, poi ce ne sono altri, ovviamente, che qui non voglio citare perché oggi è un giorno davvero speciale. Oggi, 22 Novembre, è il centesimo anniversario della morte di quell'insolita figura che mi colpì da piccolo per poi tornar una volta che diventai adulto. E alla quale devo più di quanto chiunque possa immaginare. Quella figura che, in poche parole, definisco, come da titolo e da verità, “Colui dell'Inizio”.


Tanti auguri di cuore Jack.


Bye,


Me.

Comments


Post in evidenza
Post recenti
Archivio
Cerca per tag
Seguici
  • Facebook Basic Square
  • Twitter Basic Square
  • Google+ Basic Square

© 2016, tutti i diritti riservati.

  • Black Facebook Icon
  • Black Twitter Icon
  • Black Google+ Icon
  • Black Instagram Icon
bottom of page