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Nello spazio oscuro a noi sconosciuto

  • Writer X Writer
  • 8 lug 2016
  • Tempo di lettura: 5 min

Chi non lo fa per mestiere non conosce.

Chi non lo fa per mestiere spesso dimentica.

Chi non lo fa per mestiere non si fa troppe domande.

Chi non lo fa per mestiere vede una stella di giorno e un satellite la notte. E li si ferma.

Chi non lo fa per mestiere chiama quel che vede, spesse volte, con un nome inappropriato.

Ci si fida delle parole degli altri, delle memorie ereditarie dei cari e vecchi nonni, e chi ancor, prima di loro, faceva di quel che vedeva fonte propria di pace e speranza senza capirne davvero il motivo.

Quelle tradizioni, remote di secoli, di generazioni e generazioni, presenti pure nelle menti e nel cuore di chi combatteva al fronte giocandosi alla pari la propria vita con un destino dal fare beffardo, rappresentano, da sempre, quel che, in fondo, ognuno di noi, necessita. Perché negli occhi di un bambino che ascolta le parole del proprio padre o del proprio nonno accompagnate da un arco immaginario disegnato con le proprie dita che segue quelle scie luminose d'una velocità sonica e raffinata, cosa può esserci di meglio?

Il Grande Carro, l'Orsa Maggiore e quella Minore, poi ancora la famosa Stella Polare, la Via Lattea e le amate e acclamate stelle cadenti, questo è solo uno spicchio, anzi, una minuscola goccia, di quel che c'è davvero lassù. Ma all'essere umano, che non lo fa di mestiere, che non studia con anima e corpo quel che illumina quel buio cosmico, è giusto quanto basta e quanto necessita per vivere e raccontare, in un futuro, ai propri figli, qualcosa di affascinante.

Dove noi vediamo puntini da unire, dove vediamo una luce fissa brillare più d'altre distante un'infinità da noi, dove vediamo una via biancastra piena zeppa di puntini luminosi nelle notte buie estive, e dove noi vediamo scie d'una rapidità impressionante, dagli inizi di Agosto fino alla metà dello stesso mese, urlando, seguentemente: “Eccola! Ne ho vista una! Una stella cadente!”, c'è chi sorride e si stupisce di particolari che noi non vediamo. Chi sa a memoria il nome delle infinite costellazioni che popolano lo spazio profondo, chi conosce così bene le stelle da guardar con occhi diversi quella che noi ci limitiamo a chiamare semplicemente polare, ma che, in vero, ha un nome scientifico appropriato e che indica uno dei poli celesti, in particolare il polo nord celeste. Chi sa bene che quelle scie luminose non sono stelle che precipitano, o le lacrime di un universo, ma Perseidi, cioè meteore che puntualmente, ogni anno, passano e ripassano, senza mai mancare una volta e che, soprattutto, sono presenti tutto l'anno e non solo nella famosa notte di San Lorenzo. Coloro che a guardar la luna piena non pensano alla notte dei Licantropi, ma solo a una tappa consueta del processo lunare che si distingue in otto fasi.


Eppure, ogni tanto, per merito di chi ben conosce, ovvero scienziati, qualche straordinario evento, unico nella storia, senza precedenti, accade. E nonostante il traguardo immenso che apre nuove possibilità e concetti scientifici fino a quel punto solo pensati ed espressi come mera teoria, questi passano alla massa come inosservati. Perché un bambino non si esalterà e non griderà di gioia nello scoprire che una sonda spaziale inviata nel lontano 2011 è arrivata a destinazione, nell'orbita di Giove.

E come dargli torto? Come si potrebbe incriminare tutti coloro che nemmeno sanno che posizione occupa Giove nel nostro Sistema Solare? Semplicemente non si può. Però trovo sia giusto dir qualcosa su questo grande traguardo raggiunto pochi giorni fa.


Il 5 Agosto del 2011 la sonda spaziale Juno, di appartenenza della NASA, è stata spedita nello spazio per mezzo di Atlas V, un veicolo da lancio non riutilizzabile, in termini più stretti un razzo, dalla Cape Canaveral Air Force Station, in Florida, con lo scopo di raggiungere il pianeta Giove e monitorare diversi parametri del pianeta compiendo attorno a questo più d'un'orbita polare.

Gli obiettivi principali di tale missione permetterebbero di comprendere la dinamica e la struttura dell'atmosfera per cercare di capire il perché vi siano zone particolarmente calde (hotspot) in contraddizione con la posizione del pianeta lontano dal sole, che dovrebbe essere logicamente molto più freddo; il perché Giove abbia un campo magnetico così estremamente forte; il come e il perché si generino enormi aurore boreali che ne caratterizzano i poli e, infine, il perché tale pianeta sia il più grande trasmettitore di onde radio di tutto il nostro sistema solare.


L'innovazione di questa missione, oltre che al raggiungimento di un punto nello spazio così lontano, prevede l'utilizzo da un punto di vista energetico, di grossi pannelli solari, che aumentano la potenza elettrica di bordo; vi è poi la presenza di infrarossi, che permettono di ottenere un imaging definita e adeguata del pianeta, nonché stabile, controbilanciando, grazie a strumenti appositi, l'effetto di rotazione naturale dovuto dall'orbita polare in cui si inserirà; un altro degli strumenti a bordo riguarda la radioscienza, cioè la comprensione dell'interno del pianeta attraverso le influenze che il campo gravitazionale di Giove ha sul moto della sonda Juno. Altri strumenti sono: la fotocamera/telescopio, che servirà anche a fini educativi, uno spettrografo atto a individuare la posizione e il tempo d'arrivo dei fotoni ultravioletti (serve per le aurore boreali)...


Juno sarà anche il satellite più veloce mai lanciato nel SS, infatti, svolgerà il suo percorso orbitale nel punto più vicino possibile da Giove, raggiungendo una velocità di circa 60 chilometri al secondo... Inimmaginabile, direi.


Per raggiungere una distanza così lontana, oltre all'utilizzo di pannelli solari, a discapito di generatori termoelettrici a radioisotopi (cioè dei generatori di energia elettrica basati


sul decadimento di isotopi radioattivi... di certo non ho chiarito nulla, anche perché non ne ho le competenze, perdonatemi), è stata utilizzata una manovra chiamata scientificamente “fionda gravitazionale” cioè una tecnica che permette al velivolo spaziale di ottenere una spinta ulteriore e, dunque, necessaria per raggiungere distanze più lontane, attraverso l'utilizzo apposito della gravità di un pianeta, in questo caso la Terra, che permette di acquisire più velocità, ma, al contempo, di sistemare la rotta, il percorso, che, in questo caso, la sonda, dovrà mantenere al fine di raggiungere la destinazione prestabilita nel minor tempo possibile. Fondamentalmente, più il pianeta ha massa, più tale effetto chiamato anche gravity-assist, sarà maggiore ed efficace. Tale manovra è stata eseguita il 9 ottobre del 2013.


L'arrivo di Juno nell'orbita di Giove è avvenuta quasi cinque anni esatti dopo, ovvero il 5 luglio 2016, e svolgerà il suo lavoro raccogliendo i dati e i parametri appena descritti attraverso un percorso totale di 32 orbite, ognuna dalla durata di 14 giorni circa a partire da Ottobre 2016, quando l'orbita e la velocità di Juno saranno completamente assestate.


Oltre ai vari strumenti scientifici, dei quali due sono stati forniti dall'agenzia spaziale italiana, ovvero lo spettrometro a immagine infrarosso JIRAM, e lo strumento di radioscienza KaT, atto a eseguire l'esperimento di gravità, ci saranno anche altre componenti rappresentanti dediche a Galileo Galilei.


Quindi i compiti di Juno termineranno nel 2017, le analisi dei risultati verranno fatte nel 2018, e la missione successiva, in programma, sempre della NASA, avrà come fine l'esplorazione degli asteroidi.

Un altro passo verso il futuro.


WXW

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