top of page

Lo sconcertante incidente del passo Djatlov

  • Writer X Writer
  • 20 set 2016
  • Tempo di lettura: 6 min

Innanzitutto voglio dire solamente che sì, sono tornato, ma no, non rinizierò ad adottare la frequenza con la quale pubblicavo post tre volte alla settimana. Questo perché ho vari impegni, tra i quali l'università, che, come immaginerete, non mi lascia molto tempo. Giusto per sottolineare, dato che ogni post mi toglieva dall'una alle due ore e mezza. Quindi potrei pubblicarne uno alla settimana, due al massimo, così come potrei assentarmi per più di una settimana.

Se ve lo state chiedendo sì, parlo come se avessi un grande pubblico che mi segue, ma è tutta una questione di allenamento (circa, ma circa circa proprio).


Detto questo ora posso iniziare con l'argomento di oggi.


Questo che tratterò è più una storia che un argomento vero e proprio a dispetto di altri da me trattati, come l'Islanda, il paradosso del gatto e quant'altro.

Questa storia potrebbe essere benissimo una di quella raccontate a fianco di un fuoco, al buio, ma, a meno che non appicchiate tale fuoco a fianco del vostro computer, in casa, o smartphone che sia, allora queste saranno solo parole al vento. Anzi, mi sbaglio, se avete un camino il gioco è fatto. Io che non ce l'ho e che sto scrivendo questa storia, nonché perdendo tempo a dire inutilità, di mattina, beh, me ne farò una ragione.


Ma veniamo al sodo.


Quella di cui parlerò oggi è la fantomatica e sconcertante vicenda dell'incidente del passo Djatlov.

Avvenuto la notte del 2 Febbraio del 1959, è ritenuto il più strano caso del secolo scorso.

Vittime di questo incidente rimasero ben nove escursionisti, per lo più di giovane età, dato che erano studenti neolaurati dell'Istituto Politecnico degli Urali. Questi, specializzati in ricerche in aree selvagge, avevano deciso di intraprendere una spedizione con lo scopo di esplorare le pendici del Monte Otorten, appartenente alla catena degli Urali.

Tale viaggio ebbe inizio il 25 Gennaio, ove i dieci escursionisti (perché inizialmente erano dieci, poi uno di loro per problemi di salute si ritirò) raggiunsero in treno la cittadina Ivdel', dalla quale poi si spostarono per mezzo di un camion fino a raggiungere Vižaj, ultimo insediamento umano prima della destinazione finale, che gli escursionisti avevano in programma d'esplorare.

Tale viaggio era stato programmato in tutti i dettagli dal ventitreenne Djatlov (il cui nome verrà poi assegnato all'incidente), e gli altri nove escursionisti (sette uomini e due donne); questi erano tutti molto esperti e con grande esperienza sulle spalle nonostante l'età.

Il 27 o il 28 Gennaio partirono da Vižaj alla volta dell'Otorten, ma immediatamente uno di loro, Jurij Judin, per via di un malessere fu costretto a fermarsi in uno degli ultimi villaggi prima di ritrovarsi in zone completamente isolate e immerse in un deserto di neve.

Nonostante non sia possibile ricostruire quei giorni con esattezza, grazie alle foto dei rullini e ad alcuni stralci di diari è invece possibile constatare di come essi, il 31 Gennaio, raggiunsero un altopiano immediatamente prima della salita che li avrebbe condotti all'Otorten e, il giorno successivo, il 1° Febbraio, dopo aver depositato alcune provviste che sarebbero servite per il ritorno, in un bosco, partirono ufficialmente per il passo. Nonostante volessero valicare tale sentiero e accamparsi la notte sul lato opposto del monte, causa un peggioramento delle condizioni, furono obbligati a fermarsi dove si trovavano per la notte (su un versante del monte Cholatčachl', che significa, in mansi, Montagna dei Morti). E fu proprio quella notte, del 2 Febbraio, giorno del compleanno di uno degli escursionisti, l'ultima per tutti loro.

Djatlov, da programma, aveva stabilito che avrebbero raggiunto i mezzi di comunicazione il 12 Febbraio. Nonostante in quel giorno e anche nei successivi non arrivò nessuna loro notizia, nessuno si spaventò, dato che non erano insoliti ritardi in spedizioni di quel genere. Il primo allarme venne dato il 20 Febbraio, su richiesta della parentela dei giovani, e solo circa sei giorni dopo i soccorsi trovarono l'accampamento.

Il 26 Febbraio, dopo che i soccorritori trovarono la tenda, che gli investigatori affermarono fosse stata recisa dall'interno, seguendo dei passi che finivano verso dei boschi vicini, vennero trovati i primi due corpi, a fianco di un albero di cedro, vestiti solo in biancheria intima e scalzi. Altri tre corpi, tra i quali quello di Djatlov, vennero ritrovati più lontani, diretti verso il campo. Uno di questi presentava una leggera frattura al cranio, che non era di natura fatale. Nonostante fossero tutti orientati verso quella direzione, furono ritrovati l'uno molto distante dall'altro. La causa del decesso più gettonata fu l'ipotermia. Dalle analisi degli investigatori quel comportamento delle cinque vittime ritrovate fino a quel tempo dava l'impressione stessero scappando da qualcosa, visto anche che tutti vennero ritrovati seminudi e sprovvisti di qualsiasi vestito o quant'altro che sarebbe servito a proteggersi dal freddo. Tale ipotesi fu, infine, confermata, circa due mesi dopo, quando gli altri quattro corpi vennero ritrovati.

E furono proprio quest'ultimi che gettarono sulla vicenda grandi quantità di dubbi e misteri. Nonostante fossero un po' più coperti, continuarono senza fermarsi ad allontanarsi, probabilmente in cerca di aiuto. I loro corpi vennero poi trovati in un burrone e presentavano delle ampie fratture, alle costole e interne al cranio (e non esterne); inoltre, a una dei quattro, secondo le indagini, venne strappata la lingua.

Su tutti i corpi vennero ritrovate tracce di radiazioni, fatto che non si è riuscito a spiegare. A tutto il resto una spiegazione plausibile potrebbe esserci: le morti degli escursionisti potrebbero essere avvenute causa valanga, che, avendo sepolto la tenda, spiegherebbe lo squarcio fatto dall'interno dai ragazzi. In seguito le morti di tutti potrebbero essere avvenute per ipotermia, così come il fatto della ragazza trovata senza lingua nel burrone.

Se da un lato vi sono certezze, dall'altro anche molti dubbi. Nonostante alcune questioni possano essere spiegate, altre, come proprio la radioattività, le fratture al cranio (solo interne) e alle costole, no. Infatti, secondo Boris Vozrozhdenny, uno dei medici che analizzò la questione e lavorò sui corpi ritrovati: "Le fratture erano della stessa portata di quelle causate da un incidente d'auto” e, data l'assenza si ferite esterne, è come se il cranio, le costole e, più in generale, i corpi, si fossero trovati schiacciati da un'enorme pressione.

Alcuni sostennero fossero stati i popoli indigeni Mansi ad aver attaccato gli escursionisti, ma tali fratture, che non potrebbero esser causate da un uomo, e le mancate ferite esterne, scongiurano pressoché totalmente questa ipotesi.


In definitiva, cosa potrebbe essere stato?

Tralasciando l'ipotesi valanga e annessa ipotermia, altre idee si riallacciano alla sempre presente tematica degli Ufo o della presenza di qualche creatura sovrannaturale tipica del folklore; oppure alla cosiddetta tempesta perfetta, nella quale i venti, velocissimi, che si scontrarono con la forma a cupola della montagna, diedero vita a forti raffiche e a dei mini-tornado. Il rumore prodotto dai fenomeni, oltre che essere devastante, generò una grande quantità di infrasuoni (non udibili all'orecchio umano), che fece impazzire i nove escursionisti costringendoli ad abbandonare in fretta e furia la tenda senza le apposite precauzioni e facendoli morire di freddo. Ma questa teoria sembra esser alquanto elaborata e fantasiosa e contraddicente a ciò che il risaputo “rasoio di Occam” vorrebbe.

La presenza di radiazioni potrebbe essere dovuta a dei normali esperimenti sovietici. Infatti il fenomeno delle “sfere arancioni” descritte da alcuni studenti posti in un accampamento a circa una cinquantina di chilometri da quello dei nove escursionisti (stesso periodo) vennero deifiniti semplici missili balistici R-7. Nonostante ciò, dato il veloce svolgimento delle indagini, così come la spiegazione finale del caso: “nessun colpevole se non un'irresistibile forza sconosciuta”, le morti potrebbero essere legate alla sperimentazione di un’arma segreta sovietica ben più che innocua. E la veloce indagine darebbe credito all'ipotesi di insabbiatura.


Tuttavia nulla è confermato e smentito. Questa vicenda è ben più che strana, e nessuna teoria, per quanto possa essere fantasiosa, va screditata. Alieni, mostri, esperimenti sovietici, valanghe o quant'altro potrebbero benissimo esser stata la causa della morte dei nove escursionisti quel giorno.

Di quella spedizione ci fu un solo superstite, Judin, che partì con i nove il 23 Gennaio ma che si dovette fermare per via di un malanno, che raccontò di come quel gruppo era appassionato di natura e di musica, e che morì a 70 anni dopo aver vissuto tutta la sua esistenza con il senso di colpa per l'esser sopravvissuto a quella misteriosa notte che gli portò via gli amici più cari.


Che dire? Questa storia, vera, ci tengo a sottolinearlo, già la conoscevo da svariato tempo. E sin dalla prima volta, così come ogni fatto di questo tipo, mi ha incuriosito molto. Non so cosa pensare riguardo al motivo per cui morirono. Non voglio farmi un idea, non tanto per timore di sbagliarmi, ma giusto perché ogni ipotesi può esser vera. E ciascun finale è interessante quanto l'altro. Oddio, quella del mostro su tutti, chiariamoci.

In definitiva, a detta di molti, oramai, la vera natura che ha portato alla morte di quei nove giovani laureati mai verrà alla luce. E quindi è giusto farsene una ragione.


Però ne hanno fatto un videogioco, di nome Kholat, e di tipo Horror, ovviamente. Quindi perché non darci un'occhiata?


WXW


Comments


Post in evidenza
Post recenti
Archivio
Cerca per tag
Seguici
  • Facebook Basic Square
  • Twitter Basic Square
  • Google+ Basic Square

© 2016, tutti i diritti riservati.

  • Black Facebook Icon
  • Black Twitter Icon
  • Black Google+ Icon
  • Black Instagram Icon
bottom of page