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Parliamo di... #10

  • Writer X Writer
  • 27 giu 2016
  • Tempo di lettura: 6 min

Spesso si dice che le cose migliori della vita arrivino come un rombo di tuono, e mai di soppiatto, che una volta giunte a te non si distaccheranno mai del tutto. Rimangono lì molte volte nell'ombra, ma non ti volteranno in nessun momento le spalle, a ugual modo tu nei loro confronti.

Talvolta la loro presenza accompagna l'intero corso della tua vita, dalla nascita alla morte, come i genitori, i fratelli e le sorelle, i quali, se non fisicamente, psicologicamente e, ancor più, spiritualmente, lo faranno, nel bene e nel male.

Si dice che le cose migliori della vita colpiscano al cuore come una spada affilata e che la ferita sia una di quelle impossibili da rimarginare ma non mortale. Una ferita adrenalinica sostanzialmente.

Si dice anche che le cose migliori della vita, in vero, in molte occasioni non siano effettivamente “le migliori”, e che siano frutto della nostra necessità di trovar qualcosa per la quale vivere, per cui è giusto combattere in sua difesa, che è altrettanto corretto nominare e far di tale un pezzo del proprio strumento che ci tiene in vita e che batte senza mai fermarsi.

Quel qualcosa o qualcuno arriva soprattutto in gioventù, quando si è ancora immaturi per saper ciò che la vita riserverà e quando si hanno tutte le prospettive presenti a questo mondo ai propri piedi.

Non c'è certezza di quando questo possa accadere, c'è chi asserisce che esistano persone che mai abbiano conosciuto tale sensazione, che non si sorprendono di niente e di nessuno in particolare. Gli stessi che vivono la propria vita ugualmente non sentendosi addosso alcuna percezione di mancanza.

Ciononostante le cose migliori della vita possono arrivare sempre, in qualsiasi istante, anche da grandi, quando si conoscono più cose, più concetti e si ha la testa sulle spalle, più che tra le nuvole.

C'è chi racconta che, alla fine, nel momento in cui ognuno arriva all'ultimo appello rimanente, costui troverà, prima d'andarsene per sempre, una o più ragioni per le quali abbia vissuto, e sorriderà, qualunque esse siano, anche quelle più incomprese, anche se tali sensazioni le aveva da sempre rinnegate e disprezzate.

Perché la vita e la morte sono la stessa cosa, e nonostante la seconda spaventi più della prima, a tutti è concesso, prima di andarsene per sempre, di ripensare a quel che di più magnifico l'abbia colpito durante il corso della sua esistenza. C'è chi pensa che, poco prima di morire, sia che essa arrivi con preavviso, o che non lo faccia affatto, soprattutto in questo secondo caso, la propria mente faccia tutto di per sé, riportando alla luce le sequenze più importanti alle quali essa abbia assistito. Quasi come se fosse un regalo divino. Perché tutti hanno il diritto di sorridere e godere ripensando a quel che di meglio v'è stato, qualsiasi cosa, pensiero o persona che fosse.


In quel pomeriggio di fine estate non avrei mai immaginato che una fra le cose che più avrebbero influenzato la mia vita sarebbe sopraggiunta. E che sarebbe rimasta nel tempo.

In quel giorno dell'ormai lontano 2010, agli inizi di settembre, ascoltai per la prima volta una di quelle canzoni, una delle sue canzoni, così fantastica e unica che ancora non riesco a descriverla.

E anche se è vero che qualsiasi cosa tu faccia sia già stata fatta da altri prima di te, che qualsiasi cosa si abbia apprezzato sia già stata apprezzata da altri prima di te, che “tutte le canzoni che hai amato sono state ascoltate da altre persone. E la ragazza che tu trovi carina è carina anche per altre persone”, i sentimenti e le emozioni che ogni volta questa musica mi dà sono incredibili, miei e inimitabili. Grazie a un gioco calcistico, in quel lontano 2010, quand'ancora ero un normale quindicenne vicino a compierne sedici, conobbi questo autore. Questo cantautore di certo sconosciuto alla maggior parte, ma inimitabile. Whitley è un pezzo di me, una parte della mia vita, una delle cose migliori venute dall'esterno.

Ancora rammento il titolo di quel primo pezzo da me ascoltato, del quale mi accorsi rapidamente, e che cantai sottovoce ogni volta a cui giocavo a quel gioco.

“Head, First, Down” si chiamava, e si chiama tutt'ora, perché, nonostante tutto, nonostante lo conosca più delle mie stesse mani, ho necessità di ascoltarlo.


Lawrence Greenwood nacque a Melbourne il 22 ottobre 1984, sulla sua nascita e vita non si sa molto, non è uno dei soliti artisti, che fanno scandalo, che fan parlare di sé per quel che fanno. E' un tipo strano a dir il vero, come esso stesso si definisce.

Il nome Whitley, come egli stesso disse, fu un'idea che gli balenò in mente nel lontano 2006, quando stava registrando il suo primo album: "The Submarine". In quell'anno, all'incirca, un cantante americano, originario del Texas, di nome Chris Whitley, morì: egli era uno dei suoi artisti preferiti a quel tempo, uno di quelli che ascoltava spesso, quindi, seppur in pochi lo conoscevano in Australia, decise ugualmente di darsi il nome d'arte in suo onore, Whitley appunto: “Che sia corretto o meno non mi interessa, è solo speciale per me”.

Quindi nel 2007 pubblicò il suo primo album, The Submarine, appunto, tramite il quale riscosse grande successo in Australia vincendo diversi premi. Girò il mondo in tour, passando principalmente per gli States, ove venne citato anche dalla rivista americana Rolling Stone nel 2008 nella categoria Top 10 breaking Artists to Watch.

Per via di incomprensioni e problemi con il proprio manager, nel 2010 egli diventò manager di sé stesso, fece uscire il suo secondo album “Go Forth, Find Mammoth”, si stabilizzò a Londra e abbandonò il suo nome d'arte, che ormai vedeva associato più come a un marchio di Business che a un artista, per lasciar spazio al suo vero nome “Greenwood”, che abbandonò una volta rientrato riprendendosi il vecchio.

Quindi nel 2013 uscì il suo terzo album: “Even the Stars Are a Mess”, nel quale l'argomento di violenza è molto trattato. Sempre nello stesso anno, seguentemente, decise di abbandonare la scena per un po' e girare il mondo. Decise di stabilirsi in Perù per tre mesi, vivendo in un villaggio degli Shipibo, popolazione dell'Amazzonia.

“Mi piace metter me stesso in situazione estreme e adattarmi a esse, in questo modo mi sento di aver espanso la mia capacità di tollerare ambienti di questo tipo” furono le sue parole (tradotte).

Dopo aver girovagato per il mondo secondo questi ideali, fece ritorno a Melbourne, dove tutt'ora vive.


Al suo primo album, The Submarine, sono particolarmente legato, in quanto la maggior parte delle sue canzoni che ascolto sono presenti in esso: Cheap Clothes, Lost in Time, A shot to the stars, I Remember, More than Life... Paradossalmente, la canzone che mi ha portato a conoscerlo è presente nel secondo album già da me citato, e quindi più “nuova”. Poi c'è Facades II, forse una delle migliori tra tutte, anche se mi è difficile, se non impossibile, trovarne una migliore dell'altra, come già detto nel post di mercoledì dedicato a... C.


Ci sono milioni, se non miliardi, di canzoni a questo mondo, molte popolari, che tutti sentono, acclamano e amano. Poi ce ne sono delle altre, più delicate e umili, proprio come i loro autori, come Whitley, del resto, che colpiscono al cuore. Capisco i classici, i Beatles, i Rolling Stones, e gli attuali Coldplay, Eminem, Bieber, One Republic, Imagine Dragons e così via, sicuramente più famosi, però al cuore e alla mente non si comanda, e anche se potrebbe essere una bestemmia dire che preferisco Whitley a tutti questi, che per me non c'è paragone, questo è il mio pensiero e nulla posso farci.

Quel che posso dire delle sue canzoni, oltre al fatto che egli lascia spesso più spazio alla melodia che alla sua voce, è che non sono come le altre perché... Perché le si devono ascoltare in momenti particolari, quelli in cui sembra che la calma regni sul mondo e sopra la propria testa. In quei momenti lì.

Cheap Clothes, al di là delle parole, al di là del fatto che alla maggior parte non piacerebbe, è quella canzone che ascolto per ultima prima di andar a dormire la sera, e che deve esser sentita solo con le cuffie e solo in questo modo per apprezzarla fino in fondo. Poi c'è Facades II che è forse la canzone più differente rispetto alle altre, perché il suono è più veloce, così come il testo.


Io dico che Whitley è un pezzo del mio cuore perché nessun artista con così tante canzoni è riuscito a entrarmi fino alle viscere in questo modo.


Spesso si dice che le cose migliori della vita arrivino come un rombo di tuono, e mai di soppiatto, che colpiscano al cuore come una spada affilata e che la ferita sia una di quelle impossibili da rimarginare ma non mortale.

Si dice anche che le cose migliori della vita siano frutto della nostra necessità di trovar qualcosa per la quale vivere e che ci tengono in vita.

E anche se è vero che qualsiasi cosa si abbia apprezzato sia già stata apprezzata da altri prima di te, che “tutte le canzoni che hai amato sono state ascoltate (e amate) da altre persone”, io davvero non posso far altro che sentirmi come una singola persona ogni volta che ascolto una sua canzone.


WXW












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