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Parliamo di... #5

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  • 23 mag 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Ho un ricordo.

Ho un ricordo passato, di quell'anno, di quei tempi ormai già troppo lontani. Il ricordo di una squadra imbattibile, con un gioco e una qualità da mettere i brividi.

Era l'Inter. L'Inter della stagione 2009/2010, allenata da un allenatore che già aveva centrato imprese nel passato e composta da calciatori straordinari. Era l'Inter, la vera Inter. La squadra del triplete storico. La prima in Italia a riuscirci. Campionato, Coppa Italia e Champions League: questi i tre trofei vinti.

Un gruppo di calciatori straordinario, uniti dalla stessa maglia e dagli stessi tifosi, che mai, a inizio stagione, avrebbero sperato potesse accadere quel che, alla fine, successe.

Tre cavalcate, tutte trionfali, partite da lontano, lontanissimo, con la consapevolezza di essere forti, ma non, certamente, i più forti. Poi finì in quel modo, che tutto il mondo sa, e che passò alla storia come una favola del calcio.

Da nerazzurro di famiglia, quella sera, quelle sere, non c'era nulla che mi avrebbe separato dai quei colori, che fosse studio, divertimento o altro. Un po' come adesso, ma con la certezza che quella fu una squadra di un livello stratosferico, a differenza d'oggi.


Il post di questo lunedì, tuttavia, non parlerà della grande Inter di sei anni fa, che il 22 maggio del 2010 fece esplodere i colori nerazzurri al Bernabeu, ma di un suo protagonista, quello che più di tutti, forse, ha regalato quelle emozioni al popolo interista.

Io mi ricordo quei campioni: Julio Cesar, Zanetti, Maicon, Lucio, Materazzi, Stankovic, Cambiasso, Sneijder, Eto'o, l'allenatore, lo Special One, ovvero Mourinho... e poi, solo poi, il principe, Diego Milito.

E' proprio al principe che vorrei regalare questo post, colui dell'inizio e colui della fine. Quel calciatore che ieri, a quasi 37 anni, ha voluto appendere le scarpe al chiodo.


Diego Alberto Milito nacque in Argentina, nel lontano 1979, da una famiglia di origini italiane, trasferitasi in Sud America negli anni cinquanta.

Inizia la sua carriera proprio là, con la maglia albiceleste del Racing Avellaneda, per poi trasferirsi in Italia, a quasi venticinque anni, al Genoa, nel 2004, all'epoca militante in Serie B. Dopo due stagioni brillanti e molti goal messi a segno, causa retrocessione dei rossoblu inflitta dalla giustizia sportiva, va in prestito, per due stagioni, al Saragozza, in Spagna, ove si conferma un ottimo goleador, tant'è che, dopo quei due anni di prestito, venne acquistato dalla squadra spagnola a titolo definitivo. Dopo tre stagioni e 61 goal messi a segno in 125 partite complessive, portando il Saragozza in Europa, fa ritorno al Genoa nella stagione 2008/2009. Con 24 goal in 31 partite arriva secondo nella classifica marcatori in Serie A, portando, anche in questa stagione, la sua squadra in Europa.

Si trasferisce, finalmente, all'Inter, proprio la stagione dopo, 2009/2010, insieme al compagno di squadra Thiago Motta, per circa 25 milioni di euro (prezzo per entrambi).

Fu il primo anno con noi. Fu il primo anno in una grande squadra, traguardo che raggiunse a 30 anni, dopo una vita di sacrifici e impegno. Finalmente la maglia nerazzurra, squadra che ha come casa San Siro, uno degli stadi più affascinanti d'Europa.

E da qui via con l'impresa. Affiancato da calciatori incredibili, come già accennato, la cooperativa Inter, già da inizio campionato, si conferma una delle più forti.

Nonostante questo, nonostante tutto, l'inizio in Champions fu alquanto complicato. E, forse, grazie a quello che tutti chiamano destino, per un soffio, l'Inter passò i gironi, anche grazie all'apporto del principe.

In campionato mette a segno 22 reti in totale, arrivando secondo, dietro a un intramontabile Di Natale (29)

In coppa Italia, con soli due goal, riesce ad aiutare i suoi quel tanto che basta per vincere la finale contro la Roma, per solo 1 a 0. Sua la rete in finale decisiva.

In Champions, dopo i gironi, una squadra alla volta viene eliminata. In ordine: Chelsea, CSKA Mosca, Barcellona e Bayern Monaco. Lui segna a tutte e quattro le squadre, mettendo sempre il suo zampino. Lo stesso che arriva in finale, contro il Bayern Monaco, a madrid, al Bernabeu, per ben due volte. Quei goal, quei due goal, soprattutto il secondo, pareva averli messi a segno con una facilità impressionante. A tutti gli effetti, ancora rammento quell'ultima partita, che l'Inter vinse quasi abbastanza agevolmente, dopotutto. Il livello era superiore, nettamente. 2 a 0 secco e tutti a esultare e gridare.

Dopo aver vinto il campionato, proprio davanti alla Roma battuta in finale di coppa Italia, e non aver vinto il Pallone d'oro, cosa che avrebbe ampiamente meritato, sia per prestazioni che per vittorie di squadra, egli rimase a Milano per altre quattro stagioni, decisamente più altalenanti sia per lui che per la squadra, dove i successi tornarono a mancare.

Nel 2014 decise di andarsene, e di far ritorno in Argentina, al Racing Avellaneda, squadra che lo lanciò tra i professionisti. Proprio ieri ha chiuso lì la sua carriera, dopo altre due stagioni da protagonista, lasciando una marea di ricordi a tutti, anche ai tifosi avversari, rivali, nemici dell'Inter.


Se ne va dal calcio un altro campione, dunque, che tanto ha dato alla storia del calcio italiano ed europeo.


Diego Alberto Milito, all'anagrafe. Il Principe, per i tifosi d'ogni squadra, poi campione e leggenda, per tutti, e giocatore di un altro livello.


Io mi ricordo quell'anno.

Mi ricordo delle emozioni incredibili.

Mi ricordo dei campioni che vestivano la maglia della squadra del mio cuore.

E mi ricordo di Milito, e rimpiango quei momenti di gioia e passione.

Grazie Principe.

Grazie d'aver fatto parte della storia dell'Inter.


WXW




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