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Parliamo di... #2

  • Writer X Writer
  • 30 apr 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Ma chi è questo barbone che saluta tutto felice della situazione in cui si trova?

E' Chris McCandless. Davvero non sapete chi sia? Beh... Chi sia stato...

Non avete visto Into the Wild, il film dove il ragazzo protagonista scappa di casa e va a vivere nella natura? Han fatto anche il libro, o meglio, han tratto il film da esso, come in tutti i casi.

Così come già dissi di Jack London, non so in quanti lo conoscono, ma siamo su per giù a quel livello, dove la gente si divide in chi sa benissimo chi è, o chi non lo sa affatto.

E non posso dare torto a quest'ultimi... perché devo essere sincero: anch'io fino a non troppo tempo fa non avevo la più pallida idea di chi fosse stato, né che fosse mai esistito. Poi tutto cambiò (quante volte ho già detto questa frase nei post precedenti?).

Lo conobbi circa lo scorso anno... E fortunatamente grazie al film, del 2007, Into the Wild - Nelle terre selvagge. Dico fortunatamente perché, di solito, quando si legge il libro, e poi si viene a conoscenza del film, quest'ultimo è spesso deludente e viene ampiamente criticato. Poi esistono casistiche come la saga di Harry Potter che ha avuto un enorme successo sia da un punto di vista letterario, che cinematografico, ma questa è un'altra storia.

Into the Wild è questo. Il libro e il film sono circa allo stesso livello, e, nonostante le numerose discrepanze, entrambi seguono il vero sentiero che ha percorso il ragazzo nella foto: Chris.

In una delle numerose serate dello scorso anno, quando guardavo un film per ognuna di esse, arrivai a scoprire dell'esistenza di quest'ultimo. Mi ricordo ancora quanto fossi scettico del genere, perché dubitavo dello svolgersi della trama. Temevo più che altro fosse lenta e noiosa. Ma gli alti voti e riconoscimenti che ebbe mi convinsero a guardarlo.

Se sono qui a parlarne del personaggio, protagonista, vissuto per davvero, allora non è difficile da capire che questo film mi è piaciuto molto. Ed è stato anche più di così: effettivamente è uno dei miei film preferiti insieme a Forrest Gump.


Chris McCandless era un giovane ragazzo, figlio di un'impiegata e un dipendente della NASA; visse la sua giovinezza nell'agiatezza dovuta dal fatto che la sua famiglia era benestante.

Da sempre il suo spirito avventuriero lo spinse da una parte e dall'altra in quelle estati ove obblighi scolastici e quant'altro non gli recavano restrizioni.

Nel 1990 si laureò con una media altissima all'università di Emory specializzandosi in storia e antropologia, ma poi decise di partire. Voleva compiere il suo ultimo grande viaggio verso l'Alaska. Come prima cosa, decise di donare i 24.000 dollari di risparmi in beneficenza, e di far perdere le tracce dopo aver fatto un breve tragitto con la sua Datsun gialla. Da lì partì in autostop per il resto del suo viaggio. Conobbe persone di ogni tipo, da alcuni hippie, a un signore anziano che voleva diventasse suo figlio. In breve, tutti lo descrivevano nel migliore dei modi, ma non capivano fino in fondo la sua voglia di andarsene dalla civiltà.

Quindi, dopo aver girovagato per molto tempo per gli Stati Uniti e il Messico settentrionale, arrivò in Alaska, dove stazionò per 112 giorni in un bus che lui stesso definì: "Magic Bus" trovato lungo il sentiero che stava battendo. Lì visse. Rimase a stretto contatto con la natura più estrema, cacciando e cibandosi e alimentandosi anche con l'energia vitale che l'uomo aveva smarrito ma che da sempre faceva parte della sua indole.

Ogni giorno della sua permanenza trovava modo di compilare una sorta di diario personale, dove annotava gli avvenimenti della giornata e le sue condizioni. Particolare fu quella dove espresse il suo disagio per l'aver ucciso un alce e non esserne riuscito a cibarsene per una serie di sfortunati eventi. Si pentì molto più che altro per aver ucciso l'animale. Annotò con frustrazione anche il giorno in cui voleva fare dietrofront per tornare alla civiltà e finire il suo viaggio, non riuscendoci dato l'enorme flusso d'acqua che scorreva lungo il sentiero del torrente.

Rimase lì altro tempo, anche quando la selvaggina iniziò a diminuire (non per via della sua caccia); iniziò a cibarsi di radici, finché non trovo una patata selvatica velenosa, che secondo molti lo uccise, mentre secondo altri quel che lo fece morire fu la mancanza di cibo.

Morì nel 1992, a soli ventiquattro anni, nel "Magic Bus", in mezzo ai suoi libri preferiti, che sempre leggeva e dei quali aveva sottolineato qualche passo. Parlavano di libertà e natura, di quella selvaggia (Jacjk London, Henry Thoreau...), che l'uomo s'era scordato.

Questo è stato Chris McCandless, mia fonte d'ispirazione, per una serie di ideali che condivido (seppur non in maniera così estrema) e che stimo molto per l'aver provato a fare quel che nessun uomo sarebbe solo in grado di pensare, data l'agiatezza e la stabilità della vita che ormai regna in questo mondo.

Chris McCandless è la rappresentazione della figura che da sempre era in conflitto con i genitori, ma non perché questi non volevano mandarlo in discoteca o altro, bensì per via del fatto che volevano circondarlo di beni materiali, e della famosa agiatezza di una vita benestante che lui tanto odiava. Fu anche per il rancore verso i propri famigliari (tranne la sorella) che egli decise di partire verso il parco del Denali e laggiù stabilirsi. E morire felice...


Una citazione famosa, da lui detta, in una lettera al vecchio Ron (il signore che voleva adottarlo), e che ho scritto anche nella home del sito, è l'ultima cosa che voglio far pervenire sul suo conto: «C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo».


Chris McCandless (El Segundo, 12/02/1968 - Stampede Trail, Alaska, 18/08/1992)


«Happiness is only real when shared» C. M.


WXW





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