Parliamo di... #1
- Writer X Writer
- 23 apr 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Ma chi sarà mai quest'uomo dai capelli spettinati che sembra stia scrivendo in tutta pace appollaiato a bordo di una barca?
Non un gabbiano, ovviamente, che tra l'altro non è un uomo... ma Jack London... Lo scrittore... Quello che ha scritto un paio di libri sui lupi... Nel periodo della corsa all'oro... No? Niente?
Dicendo Zanna Bianca molto probabilmente anche quelli che non l'avevano capito, ora l'hanno fatto.
Sì, proprio lui, che ha scritto anche il celebre "Il richiamo della foresta", oppure "Martin Eden", "Il vagabondo delle stelle", "Il tallone di ferro", e così via.
Da quel che ho capito, il suo nome in ben pochi se lo ricordano, soprattutto quelli che non sanno cos'è un libro, ma non importa, ne parlerò ugualmente perché a me questo argomento mi sta un po' a cuore.
Lessi il suo primo libro che ancora ero un bambino, praticamente. Penso d'aver avuto dodici o tredici anni, e ricordo che fui molto felice d'averlo fatto una volta finito. All'epoca dire che leggevo sarebbe una bestemmia, ma va beh, tralasciamo... Ergo, si trattava de "Il richiamo della foresta", che forse è il libro che più ha dato una certa importanza all'autore, nonostante egli abbia sempre spaziato su vari argomenti, senza porre le radici su un tema ben preciso, nelle sue opere: dal fantapolitico, al fantascientifico per poi alternarsi a dei romanzi veri e propri, dove la natura è la vera protagonista, che è il caso del libro che ho appena citato.
Ebbene, all'epoca mai avrei immaginato di scrivere libri e ancor meno che questo autore sarebbe diventato il mio principale riferimento in termini non solo di scrittura, bensì anche da un punto di vista di ideali.
Per quanto riguarda tali ideali, ritengo esistano dei veri e propri fanatici di Jack London, così come di chiunque, ma quello più importante, che fece della natura la sua vita, fu Chris McCandless, figura a me vicina, ma di cui parlerò in un altro tempo. Io non mi definisco proprio un suo fanatico, perché mai partirei in solitudine a vivere nella natura selvaggia per avvicinarmi a quelle origini che l'uomo ha perduto da millenni, o almeno non ora, ma li capisco bene, e forse è la prima volta che comprendo dei veri gesti estremi...
Nei suoi romanzi, fondamentalmente in ciascuno di essi, in modo più o meno evidente, più che il concetto di natura, è quello di libertà che traspare. E tramite il suo stile di scrittura, così diverso da quello dei giorni nostri, molto più... ricamato, ricercato, in un certo senso, è ben facile trattenerne i valori. Te la sputa in faccia (perdonatemi il termine) in tutto e per tutto questa magnifica protagonista in tutte le sue sfumature. I suoi romanzi sono un po' crudi, effettivamente, e si alternano in uno stile diretto, a uno decisamente più esaustivo, ove i dettagli sono limati al punto giusto e amalgamati al punto giusto per essere pienamente apprezzati.
Per quanto riguarda, invece, gli epiloghi delle sue storie, persino in questo caso, non sono affatto da "e vissero felici e contenti", anche perché sarebbe un po' come prendere tutto quello che si ha fin quel punto scritto e gettarlo in un focolare ardente. E lui questo non lo fa.
Nei due libri che ho fin qui scritto, decisamente più nel secondo che nel primo, ho voluto avvicinarmi alla sua figura senza mettermi troppe barriere e cercando, al contempo, di farlo in punta di piedi, per evitare di incappare in uno stile troppo contorto che avrebbe rovinato tutto il mio progetto.
E nel secondo libro questo problema stava davvero per sorgere.
Vorrei porre in conclusione, prima di metter un punto a questo post, una sua citazione, una di quelle che mi hanno colpito di più: «È la vita a costituire l'unica realtà e il vero mistero. La vita è molto di più che semplice materia chimica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle forme elevate che ci sono note. La vita persiste, passando come un filo di fuoco attraverso tutte le forme prese dalla materia. Lo so. Io sono la vita. Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, sono la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmando di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente abitato». - Il Vagabondo delle stelle.
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